La Grande Guerra
La Prima Guerra Mondiale sull'Altopiano di Asiago
Il Primo Conflitto mondiale coinvolse l’Altopiano di Asiago, che divenne teatro di alcune delle più sanguinose battaglie combattute sul Fronte italiano.
1915. LA GUERRA DEI FORTI
Nonostante la Triplice Alleanza, sin dal 1908 si iniziarono a costruire (sia da parte italiana, sia da parte austriaca) una serie di forti (Verle, Cherle, Campolongo, Lavarone, Vezzena, Lisser…) per controllare gli accessi al Trentino dalla Val d’Astico e dal Canale del Brenta.
Il 24 maggio 1915, alle ore 3,55 del mattino, il forte Verena (italiano) sparò il primo colpo di cannone, dando inizio alle ostilità su questa parte del fronte.
Durante tutto quest’anno, le truppe di fanteria italiane tentarono di sfondare nella Piana di Vezzena, senza risultati e sacrificando numerose vittime. Infatti, la tattica scelta dal generale Cadorna per l’Altopiano, fu quella della “difesa aggressiva”: duello di artiglierie tra la linea italiana di forti e lo schieramento avversario, senza incisivi attacchi verso il Trentino.
1916. STAFEXPEDITION e PROFUGATO
Fu l’anno della Strafexpedition, che fu contenuta a stento dagli italiani sul monte Zovetto, Lemerle, Cengio (Salto dei Granatieri) e più a nord sulle Melette di Gallio e Foza.
Durante l’avanzata, furono sgomberati i paesi dell’Altopiano e la popolazione dovette disperdersi sul territorio italiano.
Il 4 giugno, a causa della rottura sul fronte russo, gli Austrungarici arretrarono, consolidandosi sulla posizione difensiva che univa la Val d’Assa, Roana, il monte Rasta, il monte Zebio, il Colombana, i Campigoletti all’Ortigara. Questa linea serviva agli Imperiali per difendere le linee di rifornimento e comunicazione tra il Portule, il Ghertele, la Piana di Vezzena e i laghi di Levico e Caldonazzo.
1917. ACCORCIAMENTO DEL FRONTE
L’inverno tra il 1916 e il 1917 fu eccezionalmente freddo e nevoso ( 5-6 metri di neve sulle montagne) e si stabilì una tregua. Gli Italiani rimandarono a primavera la già prevista Operazione K, per riconquistare tutto il fronte nord, dal Mosciagh all’Ortigara. L’Operazione culminò con la Battaglia dell’Ortigara dalla fine di giugno, che infuriò per oltre 15 giorni, ottenendo un esito nullo (la cima fu conquistata solo per una settimana). L’Operazione K costò agli italiani 28.000 vittime, contro le 9.000 austriache.
In seguito allo sfondamento austro-tedesco a Caporetto (24 ottobre 1917), anche la linea di fronte sull’Altopiano si accorciò: Monte Sisemol, Eckar, Col del Rosso, Col d’Ecchele fino a congiungersi con il fronte del Monte Grappa furono teatro delle nuove postazioni.
Da novembre iniziarono una serie di attacchi degli Imperiali che culminarono con lo spingere gli italiani a sud della Val Frenzela, sui monti Valbella, Col del Rosso, Col d’Ecchele (da allora definiti i Tre Monti). Gli austriaci attaccarono anche l’antivigilia di Natale di quell’anno (Battaglia di Natale), costringendo gli italiani ad arretrare ancora.
1918. BATTAGLIA DEI TRE MONTI & BATTAGLIA DEL SOLSTIZIO
Alla fine di gennaio, le truppe italiane riuscirono a riconquistare i Tre Monti. Il nuovo fronte correva lungo il ciglio della Val d’Assa, passando davanti a Cesuna, sul Kaberlaba, sui monti Echar e Costalunga per terminare a Valbella e Col del Rosso, prima di scendere in Val Brenta. A difesa di queste posizioni furono schierate anche truppe inglesi e francesi, che combatterono sull’Altopiano sino alla fine del conflitto.
Il 15 giugno, Battaglia del Solstizio, gli austriaci tentarono un ultimo grande attacco, che, tuttavia, vide vittoriosi gli italiani alla fine del mese. L’estate passò senza grandi battaglie e l’autunno, dopo lo sfondamento sul Piave che costrinse gli austriaci alla ritirata, portò l’armistizio del 4 novembre, firmato a Villa Giusti, presso Padova.
1919 - 1924. RICOSTRUZIONE
Dopo oltre tre anni di combattimenti, sull’Altopiano rimanevano soltanto boschi distrutti, pascoli sconvolti e paesi ridotti a cumuli di rovine.
Già dai primi mesi dopo il conflitto, sparuti gruppi di profughi (i primi senza permesso e violando le norme militari) salirono sull’Altopiano a vedere le condizioni della loro terra. Alcuni restarono talmente sconvolti che emigrarono e non tornarono più, mentre la maggioranza tentò, invece, di ricominciare tra mille difficoltà.
Molto lentamente vennero stanziati dei fondi dal Governo per la ricostruzione e, soprattutto, per far ripartire un’economia basata sull’allevamento e lavorazione del latte e sullo sfruttamento dei boschi. I problemi erano comunque notevoli: in ogni famiglia vi erano morti, a causa della guerra o della Spagnola, il costo dei generi alimentari era elevatissimo e le tensioni sociali si facevano sentire in modo marcato: proteste, scioperi, lamentele contro uno Stato che sembrava volersi dimenticare di questa gente.
Foto: ARCHIVIO STORICO DAL MOLIN