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Il Regno dei Funghi

Il Regno dei Funghi

L’andar per funghi in Altopiano è un passatempo molto gradevole che coinvolge un gran numero di persone, ma al tempo stesso può essere fonte di tragici errori, che tutti gli anni portano a gravi avvelenamenti. L’unica modo per avere la certezza della commestibilità del raccolto è quello di portare i funghi presso i centri micologici, dove esperti ispettori potranno verificarne la bontà. 

Potete consultare la normativa per la raccolta dei funghi a questo link:

www.reggenza.com/funghi/modalita-di-raccolta-e-nuova-normativa.html


Ciclo biologico

Ciclo biologico

Ciò che noi impropriamente chiamiamo fungo è in realtà il “frutto” della pianta del fungo. Questo giunto a maturazione rilascia milioni di spore, paragonabili ai semi delle piante, che trasportate dal vento, dall’acqua o dagli animali andranno a depositarsi in luoghi anche distanti dal fungo che le ha generate. Giunte a destinazione, trovando l’habitat ideale, inizieranno la fase di germinazione producendo particolari cellule filamentose che costituiranno il cosiddetto “micelio primario”.  Dall’unione di due miceli primari di segno sessuale opposto avrà origine un “micelio secondario” che crescendo nella parte sottostante il terreno darà, in condizioni climatiche particolari, origine al “carpoforo” ovvero al frutto da noi conosciuto con il nome di fungo.

I funghi in base al loro modo di nutrirsi si possono dividere in:

-  funghi parassiti: si insediano su piante vive, deboli o ammalate se ne nutrono fino a portarle alla morte

- funghi saprofiti: si nutrono di materiale organico morto come tronchi, rami, foglie e animali morti e iniziano il processo di decomposizione, detto mineralizzazione, che porta alla creazione dell’humus.

- funghi simbionti: instaurano una relazione tra le ife fungine e le estremità delle radici vegetali e contribuiscono a migliorare la vita delle piante, avendone in cambio elementi nutritivi; in questa categoria possiamo inserire il famoso e ricercatissimo porcino.

Nei funghi la simbiosi trova la sua tipica espressione con le “micorrize”; l’organismo fungino si attacca agli apici radicali della pianta; in tal modo può avvenire un cambio di sostanze tra i due organismi. Il fungo riceve dalla pianta alcune sostanze organiche, carboidrati in particolare, che egli non potrà costituire per la completa assenza di sostanze fotosintetiche, mentre la pianta avendo notevolmente aumentato la superficie assorbente delle radici, potrà ricevere più acqua, sali minerali, eccetera, utili alla propria crescita; inoltre avrà un incremento nella difesa contro malattie e parassiti in quanto il fungo funge anche da barriera protettiva.  

I CARATTERI MORFOLOGICI

I CARATTERI MORFOLOGICI

I caratteri morfologici sono l’insieme delle caratteristiche visibili utili per l’identificazione della specie; è quindi di estrema importanza, quando si decide di raccogliere un fungo non conosciuto,  prenderlo nella sua interezza o nel dubbio lasciarlo dove si trova. Il fungo si presenta con:

-   cappello cioè la parte superiore del fungo; è variabile per dimensioni, forma e ornamentazione con consistenza e struttura a volte diversa da quella del resto del fungo formato da ife sterili.

-   imenoforo, ovvero l’insieme di ife fertili del “fungo” che può essere lamelliforme, cioè avente delle pieghe disposte radialmente sulla faccia inferiore del cappello  o con una serie di piccoli tubicini di forma cilindrica appressati l’uno a fianco all’altro che terminano con un foro detto “poro”; in questo caso viene detto imenio tubuliforme.

-  gambo, che sostiene la parte fertile del fungo assieme al cappello, può essere diverso per forma, colore ed ornamentazione.

- la carne, ovvero l’insieme di ife che costituiscono il cappello e il gambo, è fondamentale per valutare i caratteri organolettici relativi alle sfere olfattive e gustative. Gli odori più tipici sono: di farina, di grappa, agliacei, di anice, di gas e di pesce; mentre tra i sapori vi sono quelli miti, acri, acidi o amari.

E’ necessario tener ben presente che odore grato e sapore mite non sono sempre indice di commestibilità, infatti l’Amanita Phalloides, fungo mortale, si presenta a volte di odore e gusto gradevole.

LE SPORE

Le spore sono piccolissime cellule non visibili ad occhio nudo e rappresentano i semi dei funghi e la verifica del loro colore di massa è di estrema importanze per la corretta determinazione dei generi fungini. Tale colorazione si può ottenere apponendo un fungo maturo su una lastra di vetro e lasciandolo riposare per il tempo necessario affinché le spore si depositino in massa. 

ALCUNE DELLE SPECIE EDULI PRESENTI NEI NOSTRI BOSCHI

PORCINO (Boletus edulis Bull.)

PORCINO (Boletus edulis Bull.)

Questa specie, tra le più ricercate, è molto presente nei boschi di abete rosso dove dall’inizio dell’estate incomincia a fruttificare fino ad arrivare al massimo della produzione  nel mese di settembre. Tale fungo si può presentare agli occhi del cercatore in diverse forme e colorazione, ma la più consueta è quello che lo vede con il cappello, largo dai 5 ai 25 cm, convesso; la cuticola  di color marrone si presenta rugosa e quasi sempre umida e untuosa. I tubuli sono lunghi, facilmente esportabili, inizialmente bianchi per poi divenire gialli e verdastri a maturità come i pori. Il gambo è robusto, a volte obeso, sodo e pieno, normalmente ingrossato alla base di colore fondamentalmente chiaro ricoperto generalmente nella parte superiore da un sottile reticolo biancastro. La carne è spessa, bianca immutabile a volte violacea sotto la cuticola. L’odore è buono classicamente fungino ed il sapore è dolciastro; infatti è un ottimo fungo crudo in insalata (da consumarsi in piccole quantità).

 

Fotografia di Giovanni Marangoni

MAZZA DI TAMBURO (Macrolepiota procera Scop. Fr. Singer)

MAZZA DI TAMBURO (Macrolepiota procera Scop. Fr. Singer)

Un fungo unico per il suo portamento regale. Infatti svetta nei prati e ai margini del bosco dove lo si può trovare anche in numerose famigliole. Tale specie presenta un cappello dapprima ovoidale per poi aprirsi in una splendida “ombrella” raggiungendo anche 30 cm di larghezza. La cuticola presenta un colore brunastro tipicamente desquamata in larghe scaglie irregolari più scure. La cappella presenta un ambone con colore alle squame. Le lamelle sono numerose, fitte di color bianco con l’età brunastre. Il gambo si presenta esile lungo già nel fungo ancora a cappello chiuso, cilindrico, cavo, fibroso screziato da numerose bande cangianti brune. Presenta un anello vistoso tipicamente staccato e scorrevole sul gambo, di color bianco sopra e bruno sotto. La carne è poco consistente di color biancastro e presenta un odore e sapore di nocciola. Il fungo è un ottimo commestibile e viene consumato generalmente grigliato o impanato. Una specie simile presente nel nostro Altopiano è la Lepiota Rhacodes che si differenzia sostanzialmente perché la carne che alla frattura o al taglio, vira rapidamente al color rossastro. Anche questa specie è commestibile al pari della mazza di tamburo.

 

Fotografia di Irene Panozzo

SANGUIGNO (Lactarius deterrimus Gröger)

SANGUIGNO (Lactarius deterrimus Gröger)

A questo nome rispondono tutti quei funghi che dotati di canali latticiferi alla rottura hanno la caratteristica comune di lasciar uscire un lattice color carota. Tra questo gruppo sono presenti sull’Altopiano due specie, il Lactarius deterrimus che cresce unicamente sotto abete rosso e il Lactarius salmonicolor che si sviluppa esclusivamente sotto gli abeti bianchi. Tutte le specie appartenenti a questa sezione sono commestibili.

La prima specie si presenta con un cappello poco carnoso, convesso, imbutiforme da vecchio. La cuticola appena vischiosa si presenta di color arancio scuro irregolarmente macchiato di verde. Le lamelle sono sottili, fitte con numerose lamelle di color ocra-arancio anche queste presto macchiate di verde; la carne è cassante e stopposa di color bianco crema, poi arancione per il lattice, con odore fruttato e sapore dolce. Il lattice si presenta arancione carota e successivamente, dopo l’esposizione all’aria, vira ad un color rossastro. Il gambo è cilindrico e sovente slanciato, presto cavo, bianco all’apice e altrove del medesimo colore del cappello.

La seconda specie  ha un cappello anch’esso poco carnoso, convesso e poi depresso al centro. La cuticola è umida e brillante con color arancio pallido e a differenza della specie precedente non si macchia mai di verde. Le lamelle sono fitte, forcate e leggermente decorrenti al gambo di color arncio-salmone; la carne è sottile e fragile, crema biancastra con odore fruttato e sapore mite. Il lattice è poco abbondante e di color arancio-salmone immutabile. Il gambo è robusto e cilindrico, presto cavo vischioso e brillante scrobicolato in superficie.

 

Fotografia di Umberto Spagnoli

CHIODINO (Armillaria Sp.)

CHIODINO (Armillaria Sp.)

In autunno anche inoltrato sulle ceppaie tagliate o sui tronchi degradati spesso fa la sua comparsa questo fungo che si presenta in molteplici varietà e forme a seconda del tipo di essenza arborea che colonizza. Alla base della pianta si può osservare spesso, anche togliendo la corteccia, un micelio color crema che si dispone tipicamente a ventaglio; all’interno di questa massa fungina si  intrecciano delle strutture che assomigliano a dei piccoli tubicini di color nero che sono detti rizomorfe. Tali strutture servono al fungo per trasferirsi nel terreno da una pianta all’altra poiché essendo un parassita, non riuscirebbe a invadere le altre piante.  I chiodini presentano un cappello variabile in base alla pianta che lo ospita ma tendenzialmente di color che va dal giallo al rosso bruno con delle minute scagliette di colore più scuro. Il gambo si presenta coriaceo cilindrico ingrossato o bulboso alla base del medesimo colore del cappello, munito da un ampio anello membranoso e persistente di color bianco. Le lamelle sono annesso decorrenti sul gambo, poco fitte bianche e poi giallognole e in fine macchiate di bruno rossastro. La carne è soda tenace nel gambo e di color biancastro. Cresce cespitoso sui tronchi e ceppaie di molte latifoglie e conifere. E’ commestibile ma bisogna eliminare il gambo e cucinare soltanto esemplari molto giovani sottoponendoli a sufficiente cottura.

 

Fotografia di Andrea Gnata

 

BOLETO LURIDO (Boletus luridus Schaeff.)

BOLETO LURIDO (Boletus luridus Schaeff.)

Questo fungo appartenente alla stessa famiglia del porcino è pressoché ubiquitario, lo si può trovare infatti sia all’interno dei nostri boschi di faggio e abete che ai margini dei nostri pascoli. Il periodo in cui può essere raccolto va da giugno a settembre e a dispetto del suo apparire non proprio invitante, questo boleto può essere mangiato. Il cappello, che può arrivare anche a 25 cm, si presenta prima emisferico e poi convesso, robusto e carnoso, la cui superficie presenta colorazioni assai variabili che vanno dal giallo al bruno olivastro al  rugginoso al rossastro; spesso tutti questi colori li possiamo trovare in un unico esemplare. Il gambo è di forma variabile ma generalmente panciuto da giovane e ricoperto da un reticolo rosso arancio a maglie romboidali allungate. I tubuli sono liberi e arrotondati dapprima gialli poi verdastri, al tocco azzurro blu, mentre i pori sono piuttosto piccoli, dapprima di color marrone arancio poi rosso cupi. La carne è giallognola nel fungo tranne alla base del gambo dove assume una colorazione rosso cupa e rosata nella parte a contatto con i tubuli; al palato risulta di sapore dolciastro, mentre l’odore è tendenzialmente fruttato; caratteristica di questa specie è quella di diventare al tocco o al taglio subito di colore azzurro bluastro.